Fare Voci, numero di marzo 2017
Sul numero di marzo di Fare Voci, la rivista di scrittura della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, una recensione di Giovanni Fierro alla mia silloge “Di Nuvole e Lontananza” con una breve intervista.
Grazie mille, comparire fra queste righe è un piccolo grande onore!
Voce d’autore —————————-
L’attesa delle parole
Gaia Rossella Sain, nuvole e lontananza
di Giovanni Fierro
E’ un esordio riuscito, quello di Gaia Rossella Sain con la raccolta poetica “Di nuvole e lontananza”.
Una pubblicazione che nelle sue trenta pagine parla del “restare” e del “tempo”, dove lo scrivere è una tela su cui si muovono immagini e sensazioni.
La Sain è capace di mostrare in trasparenza il tessuto del vivere, quello che si intreccia con il ricordo e con ogni possibile coniugazione del presente.
Le poesie di queste pagine hanno sempre la presenza della natura, essenza vitale che c’è e rimane.
Lo scrivere di “Di nuvole e lontananza” è un continuo sguardo, che non si stanca di porsi domande e accettare risposte, anche quando mostrano i segni di ciò che si rompe e manca.
Non si fa da parte Gaia Rossella Sain, affronta le lontananze di una vita con l’invidiabile coraggio di chi sa che ogni mancanza è una possibilità in più, per raccontare l’irripetibile presenza.dal libro:
Daremo al tempo la colpa
(a te che non sei)
Verranno i giorni
e daremo al tempo la colpa,
dove l’attesa svanì il desiderio
e l’egoismo
chiarì il destino d’ognuno.Piccoli verbi
crescono di tramonti
tesi alla memoria –
corpi mutevoli
senza nature di foglie.E verranno le stelle –
petali
in calici aperti.Dell’abitudine
Pioggia morta.E nell’Isonzo
Scorro –
nel fango di rivi lenti
sotto il passo di qui,
il piede dell’abitudine
stesa
lungo le strade
con i piccioni
incollati ai pali
che aspettanoaspettano un botto forte
di grano maturo come il sole
che s’inchina
e resta oltre il fiume.Per non farsi male
La paura di toccare
per non farsi male
perché diceviattenta che ti morde
attenta che ti prendeCosì mi resta
il colore vacuo dell’infanzia –
e nel toccarsi,già la paura di perdersi.
Senza titolo, rileggendo
Ho l’ombra di un tempo rotondo
attaccata al tallone,
girarsi voltarsi
saltar la campana –ma i tuoi ricci non fuggono il buio di un anno,
davanti agli occhi le dita
e il cuore in ritardo.
Intervista a Gaia Rossella Sain:
In questo tuo libro c’è tanta natura (tramonti, foglie, castagne, mele, semi, terra…), che sembra sia il punto da cui partire, per scrivere queste poesie. E’ anche il punto a cui ritornare?
Il mio scrivere nasce quasi sempre dalla natura, dal suo farsi partecipe delle nostre piccole vicende private, e spettatrice in quelle di respiro più grande. È un punto a cui tutti dobbiamo tornare, per me è anche il punto dove restare. Sentirsi a casa guardando il cielo o sapere che la collina accoglierà sempre i miei passi scalzi, è in alcuni momenti consolazione e in altri forza e risorsa.Nella tua raccolta c’è sempre un qualcosa, o un qualcuno, che svanisce, che sfugge (penso in particolare alle poesie di pag. 22, 26, 27). Sono queste le ‘nuvole’ del titolo?
Il titolo della raccolta è una citazione di Montale, estratta da una lettera del 1933 diretta a Irma Brandeis. “La mia filosofia? Non ne ho. Ne hanno estratto più di una dai miei versi, ma a torto. Per me la poesia è questione di memoria e dolore. […] Mia cara Irma, io sono abituato a cibarmi di nuvole e lontananza, ma tu meritavi qualcosa di meglio!”. Amo la poesia di Montale e, quando incrociai per la prima volta questo suo scrivere, lo sentii tremendamente vero e condivisibile. Fu come trovare il pezzo mancante di un puzzle – io che di nuvole vivo, sono affascinata dalla dicotomia che esprimono: la loro fugacità è splendida libertà ma anche dolorosa illusione… come le presenze, non solo fisiche, della mia vita e di questi testi, sfuggite alla terra per esser di cielo nelle diverse sfumature degli addii.Come e dove, ti poni all’interno di queste tue poesie, qual è il posto del tuo stare fra queste pagine?
Questi testi sono stati scritti fra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, periodo durante il quale il mio stare era un perpetuo annaspare, affogando fra le parole e le nuvole che li compongono. Ci è voluto un anno per alzare la testa, masticando i versi fino a metabolizzarli. Oggi, il mio posto è accanto a queste poesie: ho superato la tregua del silenzio, le sento mie ma non più armate e battagliere. Posso prenderle per mano e leggerle senza vacillare.
C’è una memoria, un passato, che piano piano prende sempre più la scena, fino a diventare protagonista. che memoria è? quale il suo cammino?
Pensando alla risposta da dare a questa domanda, per molto ha vagato nella mia testa l’espressione inglese “to linger” – ho cercato di rendere nel modo più adatto questa espressione, eppure la traduzione italiana “indugiare” non ha la stessa forza evocativa.
Questa silloge è interamente incentrata sulla memoria di un passato, velato dal filtro di una leopardiana nostalgia. È il racconto di un addio, di una separazione, di un ricordo che è stato torsione di stomaco e che si è trascinato a lungo – a questo addio si sono fuse le sfumature di altre separazioni, uno ieri che sfugge ma che resta più ingombrante dell’oggi.
Come ho già detto, il percorso di questa memoria oggi è fianco a fianco con i miei passi – è un cammino che mi vede partecipe e non spettatrice, voce accesa e non sopita. Una memoria che è diventata cosa preziosa, nostalgia creativa che stringe il cuore e che, nel ricordo di quel che è stato, lascia la consapevolezza di ciò che è.Ci sono, e riecheggiano, anche gli haiku. In che modo fanno parte di questo libro?
Gli haiku sono diventati, da un paio di anni, compagni fedeli di viaggio; sono sempre stata appassionata di oriente (studiai Lingue Orientali all’università) e ho iniziato a scrivere haiku come esercizio tecnico e stilistico quasi per gioco, in momenti in cui l’ispirazione e la parola avevano bisogno di una guida e di uno stimolo diverso – inoltre, il mio fare poesia è molto legato alla natura, elemento fondamentale di gran parte della poetica orientale: la stagionalità, la partecipazione emotiva nei confronti del mutare delle cose umane e del mondo, la nostalgia che ne deriva… sono tutti temi che ritrovo sia nel fare haiku sia nel fare poesia.
Posso dire che la forma di questa raccolta si sia consolidata grazie all’influenza risolutrice degli haiku.
l’autrice:
Gaia Rossella Sain è nata nel 1987, vive a Udine. Alcuni suoi scritti sono stati segnalati in diversi concorsi,
e numerose sono le pubblicazioni in antologie. Fra queste “Cervo Bianco” (a cura di Fabrizio Corselli) e i
volumi di haiku “Hanami: Primavera” e “Hanami: Estate” (Edizioni della Sera).
Appassionata di poetica haiku, nel 2015 inizia a promuovere questa forma d’arte attraverso una mostra
fotografica itinerante dal titolo “Istanti” e con “Haiku nello zaino”, un progetto scolastico rivolto alle
scuole elementari.web: https://gaiarossellasain.com/
(Gaia Rossella Sain “Di nuvole e lontananza”, edizioni Culturaglobale, pp. 33, 2016)
Ecco il link alla pagina, per leggere altre parole di grandi autori:
http://www.isontina.beniculturali.it/index.php?it/413/fare-voci-rivista-di-scrittura
Pensa se, oltre che brava, fossi anche figa…
Beh, guarda che la modella nelle foto l’ho pagata apposta, cosa credi… XD
Quante ne sai, Sain!