Dimenticanza

Dimenticare non è affar mio.
Tempo al tempo diceva qualcuno, sicuramente a ragion veduta: gli spazi del Tempo sono pieni di cunicoli, angolini nascosti, cavilli della memoria e curve dei ricordi.
E c’è tutto lo spazio per perdonare, per masticare e rimasticare mancanze e parole passate, per sgranare una dopo l’altra le decine e decine di perle arrugginite – in fila come la catenella di un infinito rosario laico, intriso di malinconia…
…ma dimenticare no, quello non è affar mio.
Proprio non ne sono capace, perché se puoi dimenticare qualcosa ch’è stato non vorrà forse dire che non è stato abbastanza? Abbastanza grande, abbastanza forte, abbastanza vero, abbastanza intenso… anche abbastanza doloroso o triste, in fondo perché no, ma comunque “abbastanza”.
La dimenticanza è quella sottile linea che incede sugli eventi come una coperta consolatoria, una gomma magica che cancella ciò che è stato lasciandoci a penzoloni su memorie fittizie… che poi lentamente si sfaldano, abbandonandoci pian piano, come se non fossero mai esistite.
La dimenticanza affoga il rispetto di ciò che è passato.
La dimenticanza ci insegna a non imparare, si erge davanti agli errori a braccia conserte bloccando sguardi e parole. Assorbe le lacrime come una spugnetta e poi le appallottola e le getta via.
Per questo dimenticare non mi appartiene, io non appallottolo per gettare via.
Conservo i carteggi del tempo in una scatola di legno ricamato da attese, con la cura che ogni Storia merita… – nel conto delle strade passate, a volte li sfoglio e sorrido delle sciocchezze di ieri soppesando gli istanti di oggi.
Oltre le attese, al di fuori della dimenticanza.
Ad ogni parola su quei fogli ingialliti, su ogni nota d’un passato pentagramma scritto da mille mani sotto mille profumi… si aprono i passi di domani.